DI CARLO BONINI (COORDINAMENTO EDITORIALE E TESTO), ALESSIA CANDITO, TOMMASO CIRIACO, GIULIANO FOSCHINI, GIUSEPPE SMORTO. CON UN COMMENTO DI ROBERTO SAVIANO. COORDINAMENTO MULTIMEDIALE DI LAURA PERTICI, GRAFICHE E VIDEO A CURA DI GEDI VISUAL
26/11/2020
Prologo
Il macigno
Reggio Calabria, 29 ottobre 2020, relazione della Corte dei Conti.
"Il bilancio preventivo economico annuale consolidato del servizio sanitario regionale non risulta approvato dalla giunta regionale con impossibilità quindi, da parte dell'Organo di revisione, di certificare se il bilancio consolidato è coerente con il bilancio di previsione della Regione. L'ultimo bilancio sanitario consolidato è relativo all'esercizio 2014. La Regione non ha effettuato una ricognizione dei debiti verso i fornitori degli enti del servizio sanitario regionale e della gestione sanitaria diretta scaduti al 31 dicembre 2019. Debiti che ammonterebbero a un miliardo, 50 milioni e 920mila euro".
È una mattina particolare, quella del 29 ottobre. Repubblica in prima pagina titola a cinque colonne: "La paura dell'Europa". Il Coronavirus sta travolgendo, per la seconda volta, il Continente. E l'Italia, incredibilmente, si mostra a braccia alzate. Come se non avesse mai attraversato una prima ondata. Gli ospedali non sono pronti. L'assistenza territoriale è impalpabile. Non ci sono i Covid hotel, mancano i tracciatori e i medici che pure sulla carta esisterebbero non sono stati assunti. In Calabria è una bella giornata di sole. La nostra Caporetto e la tempesta che annuncia sembrano un rumore di fondo. Non è così. I giudici della Corte dei Conti - Vincenzo Lo Presti è il presidente di un collegio composto dai magistrati Vincenzo Musolino, Ida Contino, Stefania Dorigo, Bruno Lomazzi, Tommaso Martino - depositano una delibera di 29 pagine con cui analizzano il bilancio della Regione Calabria. O, per lo meno, quello che quel bilancio consente di sottoporre a verifica. La Regione, infatti, non ha mai ottemperato agli obblighi fissati in una legge del 2011. E, dal 2014, non presenta il bilancio consolidato della sanità, una delle voci maggiori di spesa pubblica. Sei anni senza uno straccio di prospetto contabile. La Corte lo denuncia da tempo ma mai nessuno - al ministero dell'Economia e delle Finanze, a Palazzo Chigi, negli uffici delle Procure - ha ritenuto di dover assumere una qualche iniziativa.
Senza bilancio, non è possibile sapere quali siano gli investimenti effettuati in Calabria, quali i debiti. Né è chiaro quanto e quando vengano pagati fornitori che, di media, aspettano circa tre anni per vedersi liquidare una fattura. E questo mentre qualcun altro le fatture se le vede saldate anche due, tre volte. C'è un numero, tuttavia, che emerge da quella relazione: un miliardo, 50 milioni e 920 mila euro. Il debito della sanità calabrese sarebbe questo. Cui c'è da aggiungere il disavanzo fra attribuzioni statali annue e spese di gestione, che ad inizio ottobre 2019 era pari a 225 milioni e 418mila euro. Per rendere l'idea del macigno che grava sui calabresi tutti - donne, uomini, vecchi, bambini - immaginate che ogni nuovo nato in quella regione parte con un debito di 500 euro. Inghiottiti da un servizio sanitario che, difficilmente, potrà curarlo. Da bambino, da adulto, da anziano.
L'Ospedale di Gerace (Reggio Calabria) è stato completato nel 1990. Doveva avere 120 posti letto, ma non è mai stato aperto (© Fortunato Serranò/Agf)